Torna dopo quindici anni lo Stalin di Corti

[…] quest’autore, considerato Oltralpe un maestro della letteratura (vedi la raccolta di contributi critici Presenza di Eugenio Corti. Rassegna della critica, a cura di Argia Monti, Ares), in Italia è marginalizzato e oscurato in quella grandezza che gli sarebbe dovuta. E mentre attendiamo, forse invano, un film tratto dal Cavallo Rosso, il romanzo in cui la visione anticomunista si cala in una saga collettiva che attraversa le generazioni dal 1940 al 1974, diventando “corale, proveniente dalla condanna e dal sacrifìcio dell’uomo semplice” (M. Caprara), possiamo sempre godere della riedizione per Ares di Processo e Morte di Stalin (pp. 126, euro 14). Questa è la tragedia in cui Eugenio Corti mette in scena direttamente la figura del tiranno, titanica nella sua solitudine gravida di orrore. L’opera, messa in scena per la prima volta a Roma da Diego Fabbri nel 1962, ottenne recensioni molto favorevoli, ma anche, è naturale, grida di esecrazione da parte della stampa marxista.